Le favole dei pani grandi (e dolci) di Toni, Ughetto e suor Ughetta


Il panettone ha origini così lontane nel tempo che gli storici fissano il punto di partenza della sua storia addirittura nel 1549, anno in cui Cristoforo da Messibugo rese nota la ricetta dei “pani de latte e zuccate”.

La storia di quello che conosciamo oggi ha, invece, inizio nel 1919 quando il milanese Angelo Motta iniziò a produrlo nella ormai tipica forma rialzata. Fu un’innovazione rivoluzionaria che cambiò letteralmente faccia al panettone: Motta ne raddoppiò il volume portandolo dalla forma di una focaccia, così come raffigurata già in un quadro del Seicento, a quella, per niente casuale, di un cappello da cuoco.

Volendosi adeguare all’atmosfera fiabesca del Natale, lo storytelling del Panettone può vivere anche delle tante leggende che ne circondano le origini.

Noi ve ne proponiamo tre, quelle che più hanno resistito all’usura del tempo.

1. LA LEGGENDA DI TONI

Siamo, più o meno, nel 1474 nella Milano di Gian Galeazzo Sforza e il capo pasticcere di corte sta cuocendo il dolce di Natale, quello tanto amato dal duca, quando si accorge di averlo bruciato. Una tragedia, un errore clamoroso. Che può provocare le ire del duca con conseguenze inimmaginabili.

La fortuna del capo pasticcere è uno sguattero di nome Toni. Costui, da vero gustopratico del tempo, ha appena finito di preparare un dolcetto realizzato con avanzi trovati in dispensa. È un po’ di pasta lievitata con qualche uovo, zucchero, uvetta, canditi e spezie. Niente di che, per di più il suo aspetto non è nemmeno molto invitante. É solo un grande pane, ma è anche l’unica cosa dolce che, in tempi brevi, si può servire al duca in attesa spacciandola come dolce di Natale.

Il finale della storia? Il duca e i suoi cortigiani storcono il naso all’arrivo di quella focaccia marroncina e informe, ma dopo l’assaggio… wow! Il “pan de Toni” è così straordinario che il duca ordina che diventi il dolce di tutti i milanesi.

2. LA LEGGENDA DI UGHETTO

Siamo sempre nella Milano degli Sforza, questa volta all’epoca di Ludovico il Moro. Il protagonista è un certo Ughetto, di famiglia agiata e falconiere del duca, follemente innamorato di Adalgisa, figlia di un modesto fornaio. Ughetto è così innamorato che, quando l’apertura di un forno concorrente manda in crisi la famiglia della sua amata, si fa assumere come garzone pur di dare una mano.

Gli affari, però, non migliorano. Ecco allora che Ughetto ha un’idea: vendere una coppia dei suoi falchi e comprare del burro da aggiungere al pane così da renderlo il più buono di Milano. Detto fatto! Il nuovo pane dell’Adalgisa è subito un successo ma diventa un autentico trionfo quando Ughetto ha un’altra idea geniale: aggiungere all’impasto altro burro e zucchero, ma soprattutto uva sultanina e cedro candito. Ora tutta Milano vuole il “pangrande”, cioè il panettone, e Ughetto può sposare Adalgisa. Per vivere felici e contenti, naturalmente.

3. LA LEGGENDA DI UGHETTA

La terza leggenda sulle origini del panettone ha una dimensione clericale in cui Ughetto diventa una suora cuciniera di nome Ughetta. Nei giorni di Natale suor Ughetta è affranta perché le condizioni economiche del convento non le consentono di far celebrare degnamente la nascita di Gesù alle sue consorelle. Puntuale, però, arriva l’illuminazione: la suora cuciniera prende la pasta che aveva preparato per fare il pane, la arricchisce di uova, zucchero, burro, uvetta e canditi, ci segna sopra una croce col coltello e mette tutto in forno.

 Miracolo a Milano! Il dolce si innalza a forma di cupola e la croce tracciata sopra si apre, facendo vedere il bel colore giallo dell’impasto. Anche in questo caso, il successo è così grande che tutti i milanesi vogliono il “pane grande delle monachelle” assicurando al convento entrate sufficienti per non soffrire più la povertà.

P.S. Esiste una versione della leggenda di suor Ughetta in cui il prodigio della lievitazione non è merito del caso o del forno, ma è la conseguenza di un preciso intervento. Un intervento dall’alto…

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